Identità di genere
Pubblicato sul libro “Esistenze Possibili” a cura di Ruggieri, Ravenna,Chianura. Edizioni Universitarie Romane, 2007.
Molte persone si interrogano sulla loro femminilità e mascolinità, molti desiderano o hanno desiderato in qualche momento della loro vita cambiar sesso (magari per ottenere dei benefici sociali), ma sono poche quelle che sentono un disagio tanto profondo da desiderare di modificare realmente il loro corpo in senso maschile o femminile. Questa condizione, prima conosciuta con il termine di “Transessualismo”, nonostante sembra esistere da sempre, con echi riscontrabili fin nella mitologia, è ancora oggi poco conosciuta e spesso nell’immaginario comune resta avvolta da un alone di mistero. L’esperienza delle persone con disturbo dell’identità di genere (DIG), è caratterizzata da un vissuto d'incoerenza tra l'identità fisica (sesso biologico) e l'identità psichica (vissuto di appartenere al genere femminile o maschile). È “una convinzione precoce, permanente e irremovibile di appartenere al sesso opposto, in un soggetto del tutto normale dal punto di vista cromosomico, ormonale e somatico” (Baldaro Verde, Graziottin,1991). Questa convinzione si manifesta fin dall'infanzia in preferenze, atteggiamenti e comportamenti caratteristici dell'altro sesso (quali giochi, abbigliamento o gesti stereotipici di un certo genere). All'interno del DIG si possono distinguere due grandi gruppi: le MtF (male to female), individui biologicamente maschi che sentono e desiderano appartenere al genere femminile e i FtM (female to male), individui biologicamente femmine che sentono e desiderano appartenere al genere maschile. É dunque una problematica presente in entrambi i sessi, anche se il gruppo delle MtF è più numeroso.
Identità di genere e DIG
Siamo abituati a dare per scontata la nostra identità personale e la nostra appartenenza al genere maschile o femminile: è qualcosa di così intrinsecamente presente nel nostro modo di essere, che, se non sopravvengono situazioni problematiche a metterla in discussione, difficilmente ci interroghiamo su questo argomento. Il tema del transessualismo ci aiuta a riflettere sulla complessità di questo tema e su un percorso di costruzione dell’identità di genere che non è affatto lineare. Il termine “identità di genere” è introdotto nel 1968 sia da Money che da Stoller per distinguere l’appartenenza biologica dal vissuto di sé come maschio o femmina. Spesso i termini “sesso” e “genere” sono usati come sinonimi, in realtà si riferiscono l’uno alla componente biologica, l’altro al vissuto di appartenenza ad una categoria (Ravenna, Iacoella, 2000). Mentre per gli altri animali è il sesso cromosomico a determinare il comportamento sessuale, nell’uomo la componente biologica è solo uno dei numerosi fattori in gioco. Se l'attribuzione del sesso biologico alla nascita è, in assenza di patologie genetiche, abbastanza semplice, molto più complessa è la determinazione dell’identità di genere, in quanto, se immaginiamo i generi maschile e femminile come due estremi di un continuum, all’interno di questi due poli si collocano infinite possibilità di esistenza (Kernberg 1995, Benjamin 1996, Ravenna, Iacoella,2000). L’identità di genere costituisce un tassello fondamentale del complesso puzzle che disegna l’identità personale: il vissuto di appartenenza al genere maschile o femminile si acquisisce molto precocemente e può essere considerato uno dei nuclei di base attorno al quale si disporranno le altre tessere del puzzle.